Roma – L’importanza della produzione olearia laziale è determinata, prima ancora che in termini quantitativi, dalla sua stessa qualità naturale e dal suo profondo radicamento nel territorio e nella cultura locale. L’olio extra vergine rappresenta una componente fondamentale nei paesaggi sia rurali che urbani; ancora oggi, lungo le vie consolari che si diramano da Roma, si trovano terre che ospitano oliveti secolari e che rappresentano alcune fra le aree olivicole di eccellenza della Regione.
Le origini dell’olivicoltura laziale sono antichissime ed è testimoniata da illustri personaggi: già intorno al 160 a.c. Marco Porcio Catone esaltava l’olio della Sabina, che durante il medioevo, grazie all’attività dei monaci di Farfa, divenne il centro principale dell’olivicoltura laziale. Furono gli Etruschi a piantare i primi olivi in tutta l’Italia centrale, e in particolare nella Tuscia, tramandando metodi di impianto e di coltivazione “naturale” ancora oggi seguiti. I Romani perfezionarono le tecniche di produzione ed estrazione dell’olio, diffondendo la coltura dell’olivo in tutti i territori conquistati.
Gli operatori economici della filiera olivicola regionale, coinvolti nel progetto “Il Lazio: il gusto dell’olio extra vergine, la bellezza di un territorio”, saranno rappresentati da Unaprol che, in qualità di consorzio olivicolo nazionale associa 54 organizzazioni di produttori a livello territoriale, per un totale di 265.000 aziende olivicole, di cui circa 15.000 solo nel Lazio. Le aziende olivicole laziali che beneficeranno direttamente delle iniziative previste saranno 26.
Nel Lazio l’olivicoltura è una coltura diffusa. La superficie investita ad olivo, è di 80.000 ettari circa. L’8% di questa superficie è coltivata con metodi di produzione biologica. Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una differenziazione notevole tra le varie superfici ad olivo, con Roma (30%), Frosinone (23%), Viterbo (17%), Latina (16%) e Rieti (14%). Quattro le DOP presenti sul territorio: Canino e Tuscia, rispettivamente nelle province di Viterbo, Sabina, nelle zone della Sabina romana e della Sabina reatina, Colline Pontine nella provincia di Latina. Sono i dati emersi durante la conferenza stampa organizzata da Unaprol di presentazione del progetto: Il Lazio: il gusto dell’olio extra vergine, la bellezza di un territorio. Il germoplasma olivicolo locale è particolarmente ricco. Rappresentato principalmente dalle varietà: Canino, Crogiolo, Strana, Olivine, Raja Sabina, Carboncella, Fosco, Rosciola. Le cultivar laziali consentono l’ottenimento di un prodotto di gran pregio e la piattaforma varietale è davvero ampia. Sono stati individuati numerosi presunti “cloni” con caratteri di pregio ben definiti, afferenti alle cutivar: Minutella, Itrana, Leccino, Moraiolo, Frantoio, Carboncella, Sirole, Salvia, Marina, Vallanella, Canino. Gli oli ottenuti dai “cloni” sono principalmente fruttati di intensità medio-leggera, con gusto armonico e alcuni con una sensazione di piccante. Le più conosciute sono l’Itrana e la Canino. La prima si contraddistingue per fruttato intenso, profondamente erbaceo, con sentori di carciofo, di pomodoro e di mandorla. Il sapore è ben equilibrato, con note leggermente speziate intense e fortemente amaro; retrogusto di erba, carciofo e pomodoro. La cultivar Canino invece si caratterizza per fruttato medio-leggero, di oliva verde, con forte sentore di mandorla e lieve sentore di carciofo. Il suo sapore è prevalentemente dolce con leggere note di piccante e piacevolmente amaro. Nella campagna 2014/2015 sono state prodotte circa 12.000 tonnellate di olio con una forte contrazione rispetto alla campagna precedente (-45%). 283 i frantoi attivi dislocati su tutto il territorio regionale.
Nel Lazio si pratica olivicoltura di collina per circa l’80%. Segue l’olivicoltura di bassa montagna e solo il 4,8% è rappresentata da olivicoltura di pianura.
“L’olivicoltura del Lazio concorre in maniera considerevole alla formazione della PLV olivicola nazionale – ha riferito il presidente di Unaprol, David Granieri che aggiunge: “la presenza di olivi di recente impianto sia in pianura che in collina contribuisce ad arginare in maniera considerevole il fenomeno del dissesto idrogeologico e a dare sicurezza ai territori sui quali si produce ricchezza e occupazione”.

Roma 30 luglio 2015