Dove è nata la civiltà dell‘olio è nata la civiltà dell’Italia.

Lunga vita all’ulivo del Lazio! Anche perché ha una lunga storia da raccontare. A partire da quando arrivò ai tempi degli Etruschi, che molto presumibilmente l’avevano conosciuto grazie ai fitti rapporti commerciali con le civiltà fino ad allora più floride del Mediterraneo, i Fenici e i Greci. Ma fu con i Romani che l’ulivo conobbe una vera e propria diffusione capillare non solo nel Lazio ma addirittura in tutte le province dell’impero, anche per far fronte alle enormi richieste di olio che arrivavano dalla Caput Mundi.
Erano molteplici gli usi a cui i nostri antenati lo sottoponevano: era impiegato non solo per scopi alimentari, ma anche terapeutici, cosmetici ed energetici. Ad esempio come balsamo contro le ustioni o le irritazioni cutanee, per curare i disturbi dello stomaco o lenire i dolori articolari, come unguento per sciogliere i muscoli o per combattere il freddo. Furono proprio i Romani a sistematizzare le tecniche agronomiche per migliorarne la produzione: molti scritti di autorevoli autori latini, come Catone, Plinio e Columella, trattano la coltivazione dell’olivo e le tecniche agronomiche e descrivono le macchine per la produzione dell’olio.
Tuttavia, col declino dell’Impero Romano, che comportò uno spopolamento generalizzato delle città e delle campagne, si ebbe anche il declino dell’agricoltura e dell’olivicoltura. Ci pensarono però i monaci a mantenere in vita questa preziosa tradizione: l’abbazia di Farfa in Sabina, per esempio, riuscì a perpetuare le tecniche agricole e a tenere in vita la coltivazione intensiva dell’olivo, importante anche a causa dell’uso liturgico di olio d’oliva che il Cristianesimo imponeva. Alla fine del Medioevo la coltivazione dell’ulivo conobbe una rinascita che lo portò a colonizzare tutto il Viterbese e il Lazio meridionale, soprattutto le terre di Itri e Gaeta, che diventarono importanti poli di produzione. Ma l’ulivo si estese anche oltre la fascia altimetrica ottimale, così da diventare parte integrante del paesaggio laziale come del resto lo è un po’ di tutta l’Italia.

Alla scoperta della storia dell’olio laziale

  • Nella necropoli etrusca di Cerveteri, precisamente nella “Tomba delle Olive”, datata attorno al 570 a.C., è conservata, a provare l’importanza dell’ulivo nell’economia, nell’agricoltura e nella gastronomia etrusche, una sorta di caldaia piena di noccioli di olive.
  • Nei giardini vaticani risiede un ulivo più unico che raro: si tratta di uno degli ulivi del Crisma calabrese, che dà frutti bianchi dai quali in passato veniva ricavato l’olio per i Sacramenti.
  • In Sabina si trova l’Olivo di Canneto Sabino, detto Ulivone, che sotto i suoi rami ha visto passare millenni di storia. Pare infatti che l’albero, ancora solido e rigoglioso, risalga all’epoca di Numa Pompilio, re di Roma dal 715 a.C. fino al 673 a.C.